L'emergenza climatica è il pallino dei politici europei, ma siamo davvero sicuri che sia un nostro problema?
La politica europea già da diversi anni sembra quasi esclusivamente concentrata sul contenimento dei gas serra. Eppure, dopo aver adottato misure al limite del suicidio economico abbiamo vissuto due anni di record di consumo di carbone in giro per il mondo.
In pratica abbiamo esportato il nostro inquinamento in casa di altri, ma anche lavoro. Ma è davvero l’emergenza climatica la priorità dell’Europa?
Table of Contents
In che misura ne siamo colpevoli e come dovremmo affrontare il problema?
Ha senso parlare di corsa alla riduzione della CO2 in Europa?
Quali pericoli si nascondono alla fine di questa propaganda a senso unico?
Mentre i principali concorrenti dell’economia europea se ne infischiano, tedeschi a parte, noi europei siamo gli unici a essere fissati con le mutazioni climatiche. Ma è vero che siamo tra i responsabili dell’aumento delle temperature terrestri?
Scopriamolo con l’aiuto di alcuni dati interessanti ma poco diffusi che abbiamo inserito in un discorso più ampio, nel libro di economia spiegata facile - extra.
Emergenza climatica
In principio fu la crociata contro l’olio di palma
Dopo aver abbandonato una dopo l’altra battaglie ambientaliste che sembravano l’unica ragione di vita, siamo entrati nella strada a senso unico della lotta ai cambiamenti climatici. L’incessante campagna degli attivisti iscritti al Fridays for Future ci sta consegnando ormai da anni, una serie di moniti sulla fragilità del clima e sul fatto che i cittadini di tutto il mondo, a cominciare da quelli europei, dovrebbero impegnarsi per la riduzione delle emissioni di CO2.
A questo scopo servirebbero, secondo le teorie tramutate in pratiche economicamente suicide, le norme per il contenimento delle fonti di emissione dei gas serra. Tra le più usate vi è senz’altro la cosiddetta carbon tax. Si tratta, come ormai ben sappiamo, della tassazione di tutte le produzioni (sia di energia che di prodotti) che si rendono colpevoli di maggiori emissioni di anidride carbonica.
Ma siamo sicuri che si tratti della soluzione al vero problema?
Uno degli aspetti più infantili e imbarazzanti è la diatriba innescata dal tema dei emergenza climatica; tra chi accusa l’uomo di determinare i cambiamenti climatici e chi, al contrario, accusando gli agenti cosmici, vorrebbe lasciare che le attività umane continuassero ad andare come prima, perché ritenute non gravose sull’ecosistema. La parte più curiosa è che i più ferventi oppositori alla teoria delle cause antropiche, sono proprio gli stessi che lottano contro il main stream, motivati dal cambiamento dello status quo generale. Insomma, perché coloro che vestono i panni dei rivoluzionari, si limitano a ribattere con dati superficiali invece usare proprio le ragioni dell’avversario per metterlo all’angolo?
Chi nega le cause antropiche (cioè dovute all’attività umana) dell’innalzamento delle temperature terrestri ci dice che la CO2 sprigionata dall’uomo sin dai tempi della prima rivoluzione industriale hanno sì raddoppiato le emissioni totali, ma che siamo passati dal’1% di CO2 in atmosfera all’attuale 2%. Nulla di tanto grave, insomma.
Eppure ci sarebbero altri dati ben più interessanti che basterebbero mettere a tacere i gretini e i loro sponsor eccoli di seguito.
In Italia abbiamo ridotto del 50% le emissioni di CO2
e l’incidenza sull’emergenza climatica
La nostra produzione di gas serra pro capite è due terzi di quella tedesca e cinese e un terzo di quella americana, che sono le tre primatiste del consumo di carbone.
In appena 18 anni l’Italia ha ridotto del 50% la propria produzione di CO2 rispetto ai massimi raggiunti dal dopoguerra in poi, vale a dire nei precedenti 80 anni.
Il dato, consultabile alle fonti del libro di economia spiegata facile extra, è in calo in tutta Europa senza bisogno di carbon tax o altre corbellerie simili. L’Italia sta già facendo la sua parte da quasi un ventennio.
Il motivo del repentino calo nella produzione di CO2 è molto più banale: è che abbiamo (o hanno) deindustrializzato e fatto arretrare l’Italia. Prova ne sia anche l’arretratezza dei salari fermi al 1990.
Quindi il fatto che guadagniamo come trent’anni fa (invece che come se lavorassimo un giorno in più, ma lavorando un giorno in meno) e che produciamo meno gas serra, non sono indice della nostra inettitudine, bensì la prova che l’Italia non è adatta a stare nella stessa gabbia monetaria del cambio fisso con l’euro e normativa delle economie più industrializzate, senza averne i fondamentali macroeconomici, mentre si trova a competere con quelle più povere in grado di fare prezzi più bassi e senza regole e i vincoli ambientali validi in Europa.
CONOSCERE NON È MAI STATO
COSÌ FACILE
Ma allora da dove deriva tutta questa CO2 che ci fanno pesare sulla coscienza se non è colpa delle nostre industrie?
Alcune stime ci indicano che il 71% delle emissioni planetarie di carbonio è prodotto da 100 aziende*; dalla circolazione di oltre 60.000 navi cargo che scorrazzano per gli oceani**; che basterebbe appena una parte di queste a inquinare come tutto il parco auto mondiale***. Insomma, se dessimo ascolto a queste fonti ufficiali, la CO2 è sprigionata dal viavai dei giocattoli a basso costo che gli occidentali si regalano e che gli altri producono sulla pelle degli schiavi: la globalizzazione.
Quindi direi che va benissimo addossare la colpa alle attività antropiche, purché sul banco degli imputati ci finiscano i veri colpevoli.
Quindi il Made in Italy è eco friendly
Cambiare le abitudini? Sì, va bene. Ma non le abitudini quotidiane degli italiani, ma piuttosto quelle dei consumatori da tastiera che ordinano sui marketplace e mettono in circolazione i carghi di prodotti a basso costo a spese dell’ambiente e del lavoro degli italiani.
Insomma se volessimo davvero controbattere ai portatori di interessi delle mega corporazioni, dovremmo metter sotto al naso dei consumatori le loro responsabilità attraverso questi dati.
Spostare l’attenzione dall’emergenza climatica sulle nuove sfide
Da una recente ricerca pubblicata da Report, risulta che meno del 40% dei defunti durante la pandemia sono morti effettivamente di covid. Tale dato viene confermato dal Direttore generale del Ministero della Salute, sempre nello stesso servizio. Direi che non è niente male per essersi trattato del più drammatico evento umano ed economico dall’olocausto ad oggi, paragonabile soltanto alla Spagnola, datata un ventennio prima.
Tutti quelli appartenenti al restante 60% sarebbero morti, compresi quelli che nel frattempo si erano negativizzati, soprattutto a causa di alcuni superbatteripresenti negli ospedali. Questi superbatteri aggrediscono i pazienti debilitati attraverso una dozzina di malattie incurabili a causa della loro resistenza agli antibiotici.
Se parla già da diversi anni senza la meritata eco mediatica. Il problema pare essere l’abuso nelle prescrizioni (e auto prescrizioni) di antibiotici, poiché in Europa e in Italia steroidi e antibiotici sono vietati negli allevamenti (salvo che siano per la cura degli animali) e quindi non ne assumiamo in quantità significative con il consumo di carne.
I superbatteri e le pandemie previste dagli specialisti
Con i suoi 10/13mila decessi all’anno su 1,3 milioni, l’Italia è la nazione europea più colpita da questo inedito problema sanitario.
Come rivela Report, sarebbe bastato effettuare le autopsie sui primi deceduti con o per covid, per accorgersi che l’ospedalizzazione era il percorso meno indicato contro la pandemia.
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Anche la borsa se ne interessa
Ad avvalorare la gravità di questo problema è la finanza, che vede premiare le aziende farmaceutiche che stanno sperimentando farmaci per affrontare questa vera e propria emergenza. Prenda appunti chi investe in borsa.
Ora, che scenari si prospettano sulla questione? I cittadini la ignorano. I politici se ne infischiano.
Una cosa è certa; tra tutte le campagne di prevenzione in Europa, quella sul clima è la più fuori luogo e inutile di tutte e che le future difficoltà economiche passeranno attraverso la distrazione di massa che ci sta infilando nel tunnel delle prossime pandemie.
Fonti extra (le altre si trovano nel libro di economia spiegata facile extra):