Tagli alla spesa pubblica, è troppo tardi per tornare indietro?

spesa pubblica

Spesa pubblica, è stato vantaggioso tagliarla? I cittadini dicono di no, eppure per decenni siamo stati noi a chiedere il libero mercato per frenare la spesa pubblica. Ecco quali sono i risultati.

Durante la recente intervista su Canale Italia da parte di Massimo Martire, alcuni telespettatori hanno chiamato per lamentarsi delle condizioni economiche in cui versano loro e i rispettivi congiunti.

La morale in comune è che non è un problema se redditi e pensioni sono bassi; bensì il fatto che i prezzi sono fuori dalla loro portata.
Insomma, hanno ribadito a più riprese che il problema non sono i soldi in busta paga, ma il fatto che non bastino più.

La morale del cittadino medio

In pratica il concetto è: abbassateci pure i redditi, ma abbassate ancor di più il costo delle merci, in modo da consentircene l’acquisto anche con paghe da fame: Guarda caso è esattamente ciò che il sistema turbo-capitalistico odierno persegue ed ha ottenuto con la doppia truffa della globalizzazione e dell’euro.

Insomma non se ne viene fuori: la massa non vuole combattere per riprendersi il proprio benessere; vuole che ancora più schiavi che producano sottocosto per loro.

Non c’è via d’uscita. Non c’è modo di ribaltare il paradigma del cannibalismo sociale e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Neanche nella provincia più sperduta.

Altrimenti non si spiega antropologicamente la recente manifestazione di coloro che hanno sfilato in piazza al fianco di PD e Cinquestelle, che complessivamente li hanno resi più precari e  letteralmente messi alla fame.
Lo schiavo non è colui che trascina una palla al piede, ma quello che si fa i selfie col suo padrone.


FERMIAMO IL DEBITO PUBBLICO
STOP ALLA SPESA PUBBLICA

 


Quelli che vediamo rappresentata nel video sono esempi di spesa pubblica che normalmente viene scambiata per debito pubblico.

Ho deciso di utilizzare le stesse ambiguità del pensiero liberista e del comune modo di intendere il debito pubblico, così da arrivare in maniera più immediata al bersaglio e allo stesso tempo inchiodare la propaganda alla stessa logica che usa per demonizzare la spesa pubblica e propagare disinformazione e confusione sul tema.

Il punto è che, non con le tasse, ma attraverso la spesa pubblica, ci vengono forniti i servizi.

Le tasse servono sì ad ammortizzare i costi di gestione dei servizi, ma in particolare a togliere a chi ha di più per dare a chi ha di meno oppure a contrastare l’inflazione e in generale a mitigare i vari squilibri che si verificano all’interno dell’economia di mercato, ma tutti questo non ha niente a che vedere con la spesa in opere e servizi pubblici.

Infatti uno Stato capace di creare la moneta da solo, perché mai dovrebbe chiederci i soldi per fare le cose? 

In realtà il debito pubblico è una voce di bilancio che somma tutte le emissioni di moneta (nuova o attraverso i prestiti) che lo Stato fa all’atto di emettere titoli di Stato.

La spesa pubblica se fatta in deficit, cioè spendendo di più di quanto lo Stato non incassi con le tasse, quando si accumula nel tempo, genera il debito pubblico.

 

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Il debito pubblico in sintesi è la somma dei titoli emessi dallo Stato, inclusi gli interessi.

Quindi se mai il problema non è tanto il fatto che servano le opere pubbliche – TANTO SE NON LEFA LO STATO LE FARANNO I PRIVATI SU CUI CI FANNO PROFITTI a nostre spese CHE LO STATO NON FA (vedi l’istruzione); ma se mai il fatto o che la moneta viene creata a debito oppure che ci ostiniamo a credere che il concetto di debito pubblico sia un male.

La differenza tra la visione occidentale (europea in particolare) e quella giapponese (ad esempio) è proprio questa.

In Europa abbiamo adottato la visione tedesca su qualunque cosa.

I termini DEBITO e PECCATO in tedesco si sovrappongono.

Questa è la radice culturale su cui si fonda la valenza morale del debito pubblico che altro non è che una voce di bilancio.

Una questione contabile, non morale.

L’esempio della Grecia è l’evidenza più lampante dell’ipocrisia europea.

La Grecia non è stata massacrata per salvare i conti pubblici, ma per salvare le banche tedesche e francesi, ma non solo, dai prestiti privati che i cittadini greci non erano più in grado di rimborsare.

Sono stati prestati soldi degli altri contribuenti europei alla Grecia per salvare le banche francesi e tedesche dal fallimento.

Questo debito complessivo è stato poi scaricato sui greci che dopo averli ripagati, anche con la cessione di porti e aeroporti proprio alla Germania, oggi hanno un debito pubblico più alto di allora.

Con la differenza che le riforme la rime e sangue hanno ripagato le banche.

Il debito pubblico greco era il 150% sul PIL.

Nel 2010 il debito pubblico greco era il 150% sul PIL.
Oggi è a quasi 200%, eppure tutti gioiscono perché la Grecia ce l’ha fatta; sì a salvare Francia e Germania!
Invece le uniche che ce l’hanno fatta sono state le loro banche.

Sommando i proprietari di una casa, di un capannone, di una azienda o di un tornio su cui pende un mutuo e un debito raggiungiamo la maggioranza della popolazione; quella necessaria a cambiare le cose (se avessimo un progetto comune ben chiaro).

Dubito che esista qualcuno di questi che voglia mettere a repentaglio la propria esistenza per un ideale.

La restante popolazione è un dipendente pubblico oppure un disoccupato che sta dalla parte degli stessi che gli hanno tolto il lavoro o gliel’hanno precarizzato e di quelli che gli hanno fatto esplodere le bollette in mano, perché in cambio puntano al reddito di cittadinanza; il resto sono briciole: tutta gente al sicuro che avrebbe tutto da perdere da una rivoluzione.

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