È vero che l'Italia potrebbe vivere di agricoltura, turismo e artigianato?
Detto in altre parole, l'autarchia è ancora possibile nel 2024?
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È ancora possibile l’autarchia?
Essendo l'Italia un mercato in cui avviene principalmente la trasformazione delle materie prime di importazione, molto di più rispetto agli anni '30, cioè quelli dell'autarchia fascista, prima di illuderci che l'Italia possa vivere di agricoltura, turismo e artigianato, è il caso di fare una semplice deduzione che non richiede neanche l'uso dei dati sul PIL.
Un accenno occorre comunque farlo. Pagella Politica ha analizzato i dati dell'ISTAT che già di per sé smentiscono il mito - rilanciato dal Governo Meloni - che l'agroalimentare vada a comporre quasi il 30% del PIL. Inoltre sempre secondo l'Istat i dati dell'agroalimentare di recente si sono ridotti.
Dati reali dell’agroalimentare italiano
Nel 2022 l'agroalimentare ha costituito il 2,2% dell’economia italiana, esattamente come nel 2021; mentre l’industria alimentare contribuisce per l’1,6%, per un totale complessivo di circa 70 miliardi (3,8% del PIL).
Si tratta di un dato piuttosto costante dal 1960 ad oggi (linea verde del grafico).
Ma dove nasce il dato di 580 miliardi di valore dell'agroalimentare italiano diffuso da Coldiretti con un articolo sul suo sito ufficiale?
«Il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia per un valore di 580 miliardi di euro nel 2022 nonostante le difficoltà legate alla pandemia e alla crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina»
Semplice, si ottiene sommando il settore dell'agroalimentare (agricoltura e industria alimentare) ai vari canali dell'indotto, inclusi la ristorazione e la distribuzione piccola e grande; i bar e i singoli punti vendita.
Quindi è un dato artefatto; gonfiato.
Tuttavia, a tenere alto l'entusiasmo ha contribuito la notizia che l'Italia stia godendo di un boom del turismo, dando maggiore risalto all'idea che si possa campare di questo settore per tenere in piedi l'economia di una nazione del G7.
Nulla in contrario ad avere il primato del turismo; ne siamo molto felici.
Ma per la verità gli unici due anni in cui l'Italia è stata in coda a Francia e Spagna, è stato il lungo periodo di lockdown imposto dal Governo Conte, che ha contribuito a deviare il turismo mondiale verso i nostri principali concorrenti.
Di nuovo, i complimenti agli honesty prestati alla politica non sono mai abbastanza.
Su cosa si basa la credenza che L’Italia potrebbe vivere di agricoltura e turismo?
Ora, visti i dati en passant, torniamo alla domanda: "L'Italia potrebbe vivere di agricoltura, turismo e artigianato?"; ecco, secondo alcuni influencer con scarsa dimestichezza con la macroeconomia, la risposta è sì. Di solito si tratta di tuttologi dalla risposta facile e senza riflettere a problemi complessi (che non hanno studiato).
A supporto, nelle loro comparsate sulle web Tv, non portano ragionamenti fondati sulle informazioni, tantomeno dati a supporto delle proprie tesi. Di solito i fans non ne hanno bisogno; gli basta la rassicurante convinzione del loro beniamino.
Questi paladini della contro informazione offrono al pubblico una semplice somma fatta da: agroalimentare, turismo e manifattura; intendendo l'artigianato, specialmente quello locale e per loro finisce lì.
Danno per scontato, non solo che la somma dia per intero il PIL italiano (che già è insufficiente dal 1990 ad adeguare i salari degli italiani al costo della vita e degli affitti), ma anche che VOI abbiate la vocazione dell'agricoltore, del cameriere, del ristoratore.
Evidentemente sono convinti che tutto il mondo ci invidi le bamboline di pezza cucite a mano e le porcellane di Capodimonte; ma soprattutto spianano la strada all'idea che si debba fare i camerieri d'Europa e vivere dell'orgoglio italico che la storia ci ha lasciato in eredità.
Ricordano tanto quelli della decrescita felice. Che poi è ciò che negli anni si è materializzato, anche se di felice ha ben poco.
Il caro affitti e la povertà dilagante sarà colpa dell'eccessivo sviluppo industriale? Nessun problema, andiamo tutti a zappare.
Vi racconto una storia vera
I fatti premonitori erano le privatizzazioni che l'Europa (citofonare Romano Prodi, Massimo D'Alema e Mario Draghi) ci aveva chiesto in cambio dell'ingresso nell'euro; ingresso che sarebbe (ed è) dovuto passare per l'aggiustamento dei conti pubblici dopo esserci privati di quello che da noi veniva visto - a torto o a ragione a seconda dei punti di vista - come un carrozzone.
Ecco l'analisi della Corte dei Conti sui risultati delle suddette privatizzazioni:
"segnala sì un recupero di redditività da parte delle aziende passate sotto il controllo privato; un recupero che, tuttavia, non è dovuto alla ricerca di maggiore efficienza quanto piuttosto all'incremento delle tariffe di energia, autostrade, banche, ecc. ben al di sopra dei livelli di altri paesi europei. A questo aumento, inoltre, non avrebbe fatto seguito alcun progetto di investimento volto a migliorare i servizi offerti."
Quando annunciavamo che saremmo finiti tutti a fare i camerieri...
Un inquietante segno di scarsa aderenza alla realtà del pensiero ci massa.
Oggi i paladini della contro-informazione fanno propaganda al contrario senza accorgersene
Oltre 10 anni dopo la lezione è stata recepita alla perfezione. Al contrario.
Sono arrivati i contro informatori che ci dicono trionfanti che l’Italia potrebbe vivere solo di turismo e agricoltura.
Che poi è proprio quello che vorrebbero i capitalisti che da trent'anni fanno shopping di Made in Italy. Fanculo l'industria italiana. Lasciamola a loro; anzi chiudiamola per sempre; come se, qualora andassimo tutti a lavorare la terra, gli stranieri non verrebbero ad aprire le fabbriche al posto nostro...
Questi contro-informatori sono gli stessi che si stracciano le vesti per la fuga dei cervelli, capito?
Probabilmente se la prendono perché vorrebbero trasformare i nostri ricercatori in camerieri... Ottimi questi risvegliatori di coscienze a un video al giorno, che accelerano il processo culturale perversamente europeo, invece di invertirlo.
L’Italia potrebbe vivere di agricoltura, rinunciando a tecnologia, ricerca, innovazione. Finché dura.
Non vogliamo qui fare un discorso sui massimi sistemi, ma è evidente a chiunque che un'economia per essere, non dico competitiva, ma almeno giocare sulla sussistenza, necessiti di tutti i settori produttivi. Infatti se l'obiettivo fosse campare di pizza, pomodori e belle arti, addio Università, addio ricerca; per non parlare dell'industria, ecc..
Sì ma poi l'innovazione o quantomeno l'adeguamento tecnologico come lo mantieni? A parte che ci vuole una bella dose di arroganza (dando per scontata la pia illusione), nel supporre che il mondo non veda l'ora di comprare le nostre terrecotte e i centrotavola all'uncinetto; forse questi signori credono che andrebbero a ruba sul web oppure sperano nell'arrivo di frotte di turisti che si strappano di mano l'un l'altro la bambola di pezza fatta in una giornata di lavoro dalla rispettabilissima sciura accampata sulla sua seggiolina di paglia fuori dalla porta di casa, chissà.
Chi decide cosa e come produrre?
Va bene, tutti a coltivare la terra; ma poi come gestiamo la produzione agricola? Come equilibriamo le produzioni affinché non ci manchi nulla e nulla venga sprecato? Torniamo ai piani quinquennali o direttamente al latifondismo o al feudalesimo? Perché mi sembra chiaro verrebbe a instaurarsi un problema "democratico".
Già, perché quando qualcuno sarà costretto a produrre anche quello che non gli piace, ci vorrà qualcuno che gli dia degli ordini per ragioni di equilibrio generale. Se vogliamo perseguire il sostentamento della Patria, non possiamo badare ai gusti o a come si sveglia il singolo contadino o costruttore di bamboline voodoo. Dato che si tratterebbe di sostituire la produzione industriale con quest'altra, a decidere dovrà per forza essere qualcuno in alto e ci vorrà anche chi faccia rispettare gli ordini. Cosa facciamo, torniamo al podestà o è meglio il vassallo che fa più tradizionale e bucolico?
E chi non ha terra da coltivare cosa fa, va a lavorare in un latifondo? Va a fare il contadino di Stato nei campi pubblici?
L'unica soluzione resterebbe quella di importare tutto: materie prime, tecnologie, chimica, farmaceutica. Persino i pezzi di ricambio dei trattori. Sempre che lorsignori non intendano farci tornare all'aratro.
E con cosa li paghi i ricambi? Con carichi di frutta e verdura? A voglia.
E con quale risultato? Che il tuo agroalimentare si svaluterebbe nel tempo (anche perché costantemente arretrato), vittima della competizione internazionale e delle dinamiche della globalizzazione, non solo della tecnologia desueta rispetto a quella degli altri produttori.
Qualcuno potrà obiettare che la tecnologia così come progredisce (cioè fa diventare obsoleta quella immediatamente precedente) altrettanto si deprezza. Sì, ma ogni tecnologia cede il passo ad una nuova che inizialmente costa molto. E chi può permettersela ti sopravanza nella competizione.
Un’econ0mia da terzo mondo
Senza innovazione, senza industria della chimica, della siderurgia, della meccanica, dell'elettronica, della robotica, della farmaceutica, dell'informatica, ecc. occorre importare le tecnologie pagandole con una bilancia commerciale basata sullo scambio di beni a ridotta impronta tecnologica (quindi poveri) facilmente sostituibili dalle produzioni concorrenti (specialmente se si sono avvantaggiate tecnologicamente e logisticamente - eggià perché senza avanzamento tecnologico poi resti indietro anche sulle infrastrutture).
Tutto ciò complessivamente significa vedere svalutare la propria moneta e questo produrrebbe un'ulteriore declino.
Quindi condanneremmo l'Italia a rimanere sempre arretrata e con essa anche la sua economia. Il risultato della perdita di competitività e addirittura di presenza nei diversi settori produttivi, sarebbe che la moneta varrebbe sempre di meno; quindi complessivamente vivere di agroalimentare, artigianato e turismo, ci farebbe diventare un'economia da terzo mondo; che infatti si chiama così perché non è al livello economico delle economie avanzate.
E poi ci sarebbe il problema degli influencer. Cosa gli facciamo fare? Mica si possono sporcare le mani. Ci servono per darci una coscienza, magari una nuova coscienza di classe per dirci, domani, che occorre combattere il nuovo sistema agricolo, arretrato, che ci avrà riportati nel medio evo. Colpa dei politici ovviamente.
Ci toccherà mantenerli, esattamente come manteniamo i politici, potranno restare sui canali e nelle web TV e noi a guardarli su YouTube. Eliminato il computer che servirà solo ai grandi produttori e ai vassalli, ci resterà il telefonino per istruirci con la contro informazione.
Tutti i numeri del declino industriale italiano
Sempre ammesso che le rate per pagarlo si possano contrattare a patate e germogli.
Sperando che nel quinquennio la produzione del nostro orto sia la moneta più richiesta da chi i telefonini ce li vorrà sicuramente vendere in cambio del nostro inestimabile obolo agricolo.
Riportiamo i dati raccolti da Canale Sovranista in questo articolo che riporta l'andamento storico di molti fattori legati all'industria italiana, al PIL e alla sua economia in generale.
Giudicate voi se abbiamo bisogno di deindustrializzarci ulteriormente e chi varrebbe la pena di mandare a zappare; voi o gli influencer.
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