Diciamo NO alla concorrenza sleale cinese. Combattiamola assieme: NO MES CINA

Campagna contro il dumping cinese

Quando sentiamo parlare di concorrenza sleale ci vengono subito in mente le politiche commerciali atte a truccare il mercato con prezzi non reali fatti in modo da sbaragliare la concorrenza.
Questa pratica in gergo tecnico si chiama DUMPING.

 

Chi avesse dimestichezza con il linguaggio economico si sarà accorto che negli ultimi anni si è parlato molto di dumping salariale, cioè di quella forma di riduzione dei salari causata per esempio dalla elevata domanda di lavoro, ovvero in presenza di elevati indici di disoccupazione.


 

 


Come ben sappiamo questo fenomeno si sta sviluppando a forte velocità di pari passo con il fenomeno dell’immigrazione che vede le coste italiane e successivamente il resto dell’Europa come principale meta dei diseredati provenienti principalmente dall’Africa.
È a causa degli eccessivi flussi migratori che la richiesta di lavoro aumenta e di conseguenza (dato che l’offerta interna ristagna) sommando disoccupati a disoccupati disposti ad una paga sempre più bassa pur di lavorare.

Il dumping di fatto rientra fra le strategie sleali sia di tipo commerciale che di altra natura come ad esempio l’evasione e l’elusione fiscale.

 


 

Tipico esempio di dumping salariale
Tipico esempio di dumping salariale

 


 

La concorrenza sleale sui prezzi, di cui parliamo oggi, consente alla Cina di colonizzare i mercati stranieri offrendo condizioni commerciali e prezzi convenienti drogando un mercato che, una volta conquistato e desertificato, vedrà imporsi aumenti dovuti da una mancante concorrenza.

Per consentire ai cittadini ed agli imprenditori o alle associazioni di categoria di reagire è stato aperto il sito:

http://www.meschinawhynot.eu/

Ma vediamo di capire di cosa si tratta.
Il dumping sui prezzi fa parte di una strategia commerciale ben precisa che opera nel seguente modo.

Il Paese produttore di determinati beni esporta quei prodotti ad un prezzo inferiore ai costi di produzione, impone i suoi prodotti ai mercati stranieri, ovvero fa chiudere i produttori di quei mercati e diventa monopolio con conseguente possibilità di imporre prezzi arbitrari e presumibilmente molto più elevati rispetto ai precedenti.
Questo tipo di attività sleale non sarebbe possibile nel lungo periodo se dietro a questa strategia non ci fosse il supporto dello Stato compiacente e complice.

Nel caso della Cina infatti le aziende che operano in regime di dumping vengono sovvenzionate tramite sgravi fiscali o veri e propri finanziamenti occulti, in modo che possano continuare a produrre sotto costo restando aperte.
Tutto ciò avviene perché la Cina non adotta i criteri caratteristici dell’Economia di Mercato benché ne faccia parte come vedremo più avanti.


I prodotti più coinvolti nel dumping dei prezzi

 


Lo scopo è facile da intuire: invadere i mercati stranieri (quello europeo nello specifico) con beni a prezzi talmente vantaggiosi da diventare estremamente competitivi e soppiantare i prodotti concorrenti prodotti in Europa a costi più alti per farli scomparire dal mercato.
I danni provocati da queste politiche commerciali saranno tanto maggiori quanto la vocazione industriale dei Paesi “invasi” basino la propria economia sulla produzione e la trasformazione.

Quindi l’Italia ed in particolare il suo Nord-Est, che poggiano sostanzialmente sulle PMI, rischiano un tracollo verticale senza più ritorno.
Abitualmente l’Italia e gli altri Paesi che operano nell’Economia di Mercato non hanno mai corso questi rischi perché hanno saputo trovare strumenti di difesa come i dazi sui prodotti oggetto di dumping.
Il problema della concorrenza sleale però non ci sarebbe se all’interno dell’economia di mercato tutti gli operatori si confrontassero nel normale panorama che si basa sulla sfida tra aziende in un mercato in cui il prezzo viene deciso dal confronto tra domanda ed offerta.


Valore normale, valore di dumping e la regola del Paese terzo.

Ma come fa la Commissione europea a stabilire se sia in atto la concorrenza sleale su determinati prodotti o settori?
Per capire se un prezzo sotto indagine corrisponda ad un valore reale oppure sia drogato da dumping esistono diversi metodi.
Il principale sistema è quello di confrontare i prezzi del bene importato con quelli di un prodotto simile creato in un Paese ad Economia di Mercato i cui fondamentali macroeconomici siano allineati con quelli del Paese che esporta il prodotto sotto indagine.

Questa regola è detta del Paese terzo.

Ciò significa che se il prezzo dell’oggetto sotto indagine è troppo basso rispetto al prezzo del prodotto analogo fabbricato dal Paese terzo preso come riferimento, è probabile che la Commissione Europea interverrà a tutela del produttore europeo colpito da dumping.
Il Paese terzo scelto per fare confronti con i prezzi cinesi è il Brasile.


I Paesi più responsabili di dumping dei prezzi


Market Economy Status (MES): la Cina entra nell’Economia di Mercato pur non avendone le caratteristiche.

Il problema si pone oggi perché l'OMC (Organizzazione mondiale del commercio) - in inglese WTO (World Trade Organization) ovvero i Paesi appartenenti alla cosiddetta Economia di Mercato sin dal 2001 hanno accolto come membro provvisorio la Cina sicuri che allo scadere dei 15 anni dal suo ingresso – termine che decade l’11 dicembre 2016, quando verrà presa una decisione sulla definitiva permanenza o meno della Cina nel nostro mercato – la Cina avrebbe rispettato tutti i criteri necessari per essere considerata una vera e propria economia di mercato.

Vediamo quali sono i requisiti minimi per considerare effettiva un’Economia di Mercato*:

  1. Grado stabilito di influenza governativa sull’allocazione delle risorse e le
decisioni delle imprese;

  2. Assenza di interventi dello Stato nelle operazioni di privatizzazione delle
imprese e nell’impiego di meccanismi di compensazione e di scambio che non
rispettino le regole del libero mercato;

  3. Esistenza di un diritto societario trasparente e non discriminatorio in grado di
garantire un’adeguata governance societaria;

  4. Trasparenza dello Stato di diritto volta a garantire il diritto di proprietà e il
funzionamento di un regime fallimentare;

  5. Esistenza di un settore finanziario che operi indipendentemente dallo Stato.

In rosso abbiamo evidenziato i criteri non soddisfatti dalla Cina, in verde l’unico soddisfatto.

 


 

 


Come abbiamo tutelato i prodotti europei in questi 15 anni?

Attualmente i settori nel mirino dei cinesi sono principalmente tre:
Plastica
Chimica
Metallurgia (e metalmeccanica)

Questi settori attualmente godono di una speciale protezione attuata tramite opportuni dazi posti sui prodotti e le materie prime di importazione cinese non in regola.

Sino ad oggi per fare delle segnalazioni di casi sospetti era sufficiente che anche la SINGOLA AZIENDA che si riteneva vittima di dumping, si rivolgesse direttamente alla Commissione europea ed ottenesse verifiche e tutela.

Tuttavia questo ombrello rischia di chiudersi a partire dal 11 dicembre con conseguente aggressione da parte dei prodotti low cost ed immediato crollo dei rispettivi settori in Italia.


dumping cinese: i settori più a rischio oggi.


 

A chi conviene che la Cina resti fra i Paesi con Economia di Mercato?

Gli effetti dell’inclusione della Cina a titolo definitivo fra le Economie di Mercato che si possono determinare sono principalmente quattro:

  • Il primo effetto sarà una progressiva riduzione dei prezzi che, per chi è un importatore come: Germania, Svezia, Olanda, Danimarca ed altri, si tradurrà in forti vantaggi commerciali dovuti alla scontistica legata all’abolizione degli attuali dazi. Gli stessi vantaggi li avranno anche i costruttori nei settori coinvolti, gli importatori e i venditori di materie prime come gli agenti di commercio o grosse aziende importatrici, ecc..

 

  • Il secondo effetto sarà la desertificazione dell’economia composta dalle Piccole e Medie Imprese dei Paesi produttori e trasformatori che si vedranno sopraffatte sul piano dei prezzi e non riuscirebbero né a vendere nel proprio mercato interno, né ad esportare.

 

  • Il terzo effetto si tradurrà in una ovvia perdita di potere d’acquisto da parte dei consumatori con conseguente crollo della domanda aggregata causata dalla disoccupazione che è prevista nell’ordine di quasi un milione di posti di lavoro persi solo in Italia se consideriamo sia le aziende operanti nei tre settori indicati sopra, sia il mercato dell’indotto. Successivamente si innescherà un circolo vizioso che a medio termine bloccherà di fatto anche il mercato di chi in un primo momento avrà goduto dei vantaggi del dumping, in quanto difficilmente potrà rivendere in un mercato che ha visto la domanda disintegrarsi.

 

  • Il quarto effetto sarà uno scontato aumento dei prezzi da parte dei cinesi dopo che il mercato europeo sarà stato invaso e spianato, visto che con la morte delle PMI e dell’indotto non avremo alternative ai prodotti del monopolio mondiale cinese perché non esisterà più alcuna concorrenza.

 


 

NO MES CINA - scarica la puntata radiofonica dai PODCAST

 


Cosa succede a dicembre?

A dicembre l’Articolo 15 del Regolamento 384/96 potrà essere modificato cancellandone quella parte che oggi regolamenta le procedure per stabilire se si sta verificando o meno concorrenza sleale sui prezzi in un determinato settore o per determinati prodotti. Si tratta del Comma 2:

ii) nel caso in cui i produttori oggetto dell’inchiesta non possano dimostrare chiaramente
che nel settore che produce il prodotto analogo prevalgono le condizioni di economia di
mercato, il membro OMC importatore può utilizzare una metodologia non basata su uno
stretto confronto con i prezzi o i costi interni cinesi.

Che tradotto significa che:

Se il cinese non riesce a dimostrare che tale oggetto è stato prodotto nel suo Paese ottemperando le regole dell’economia di mercato, il membro OMC (Italia) può applicare la regola del Paese terzo

Se verranno cancellate queste righe di fatto non verra più applicata la regola del Paese terzo sui prodotti oggetto di dumping cinese in quanto verrebbe riconosciuto alla Cina il Market Economy Status; appunto lo Status di Economia di Mercato.


 

Ma c’è una possibile soluzione.

Da molti mesi è in atto una accesa discussione all’interno del Parlamento Europeo che vede contrapporsi Paesi favorevoli alla assegnazione alla Cina del Market Economy Status (MES). Si è quindi deciso di ricorrere ad una consultazione popolare che abbiamo buone possibilità che possa sortire effetto positivo.

La speranza ci viene data dal progressivo sgretolamento in corso dell’Europa, con le prossime elezioni in Germania che vedono la Merkel in bilico, la Brexit, il caos in Turchia e in Ucraina e le resistenze di Polonia ed Ungheria, ecc., che mette i politici ed i tecnici nel rischio di perdere la poltrona.


La schermata di accesso al questionario da compilare
La schermata di accesso al questionario da compilare

Ad oggi hanno partecipato a questa consultazione già oltre 6.000 cittadini di tutte le nazioni (il modulo è scritto in tutte le lingue europee, compreso l’italiano) a cui potrai aggiungerti per far sentire la voce delle imprese, dei lavoratori, degli studenti, delle associazioni, ecc. che già hanno dato parere negativo alla permanenza della Cina nel gruppo delle Economie di Mercato.


Questa battaglia, benché sia stata promossa dal Movimento 5 Stelle, in realtà non porta una specifica bandiera politica perché vede uniti schieramenti e partiti politici di ben 19 Paesi europei inclusa la Lega Nord ed altri di segni opposti tra di loro.


 

Cosa puoi fare TU.

Ciò che puoi fare è molto semplice ed immediato. Devi solamente registrarti al sito su cui si svolge la consultazione popolare www.meschinawhynot.eu e compilare il questionario che ti verrà sottoposto.


E’ questione di 3/4 minuti, fidati.


Se invece vuoi saperne di più, fai parte di una associazione di categoria o di un gruppo di persone interessate o persino coinvolte e vuoi organizzare incontri informativi, possiamo aiutarti a divulgare questa azione.

Ma ricordati di dare il tuo parere PRIMA DEL 30 NOVEMBRE 2016.

 


*Con l’Art. 2.7, c del Regolamento del Consiglio n. 1225/2009, in accordo con il Protocollo di Accesso della Cina all’ Organizzazione Mondiale del Commercio, (paragrafo 15 d), l’Unione Europea ha sancito cinque criteri per misurare il rispetto dei parametri di economia di mercato. Si tratta di misure analoghe a quelle sancite dagli Stati Uniti, altro partner commerciale della Cina che non ha ancora riconosciuto a questa il MES.
Dati forniti dall’ufficio di David Borrelli – EFDD – Treviso
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